Estratto dal libro “Con il nome di Torres in core”, di Andrea Sini, Edes Edizioni, 2013

 

Capitolo I

 

Nella primavera del 1903 un gruppo di notabili sassaresi si riunisce e decide di creare una società per l'educazione fisica. La ricetta è quella giusta, perché nonostante l'origine aristocratica il nuovo sodalizio sportivo è aperto a tutti i ceti sociali e tutti i soci hanno uguale peso, indipendentemente dal livello di istruzione e dalle disponibilità economiche. Il 20 settembre gli atleti si presentano alla città con un nuovo inno, il cui incipit è tutto un programma: con il nome di Torres in core...

 

Il cielo sopra vicolo Bertolinis è lungo e stretto. Il brusio proveniente dagli eleganti caffè di piazza Azuni si sente a malapena e il silenzio è rotto solo dallo strepitio degli zoccoli di qualche cavallo che scende verso il corso tirando con sé una carrozza. Il rossore del tramonto inizia a retrocedere velocemente lasciando la strada quasi completamente al buio. L'addetto del comune non è ancora passato, con il suo bastone, ad accendere le lampade a petrolio dell'illuminazione pubblica.

Ad aprile il cielo è grandissimo, a Sassari, ma questo vicolo nel cuore del centro storico resta in penombra tutto l'anno, schiacciato da palazzi altissimi che quasi si sfiorano, là in alto.

Stasera però, nell'oscurità, c'è un insolito vociare che proviene da un magazzino. Al piano terra, in un locale di proprietà della conosciutissima famiglia Satta Branca, un gruppo di uomini dell'aristocrazia cittadina sta discutendo animatamente.

Sassari è una città attivissima dal punto di vista culturale: ha una tradizione importante dal punto di vista politico, alcuni suoi uomini hanno partecipato in maniera attiva al Risorgimento e negli ambienti più colti si parla abitualmente di progressismo e della collocazione dell'Italia nel panorama continentale. Al patriota mazziniano Felice Cavallotti, appena tre anni fa, la città ha dedicato una statua in una delle sue piazze principali. Poco lontano, un'altra piazza è storicamente intitolata al patriota sassarese Efisio Tola, martire del Risorgimento, e a suo fratello Pasquale, magistrato, politico e storico scomparso nel 1874. Proprio in questi mesi un'altra statua sta per venire collocata nella piazza, ed è un argomento di cui in città si è parlato tanto.

Stavolta, però, in vicolo Bertolinis, l'argomento è diverso.

Su un tavolo ci sono alcuni fogli e una scatola: dentro ci sono 47 lire, la rimanenza della colletta fatta mesi prima per accogliere in città i ginnasti dell'Amsicora Cagliari. A partecipare all'incontro sono Pasquale Ghera, Pietro Moro, Celestino Segni, Battista Delogu, Ruggero Rovasio, G.Maria Sotgia, Enrico Berlinguer, Claudio Andry, Ermenegildo Basso, Gianuario Marcellino, Gavino Berlinguer e G.Francesco Satta. Sono avvocati, nobili, negozianti, geometri. Enrico Berlinguer è un avvocato molto noto. Suo nipote, negli anni a venire, diventerà il protagonista della vita politica nazionale e internazionale come segretario del Partito comunista italiano.

Tutti insieme, in vicolo Bertolinis, hanno appena messo le basi per la creazione di una associazione per l'educazione fisica della gioventù. Hanno stilato una bozza di statuto e una scheda di adesione da proporre ai concittadini. Una copia della scheda viene consegnata a mano alla redazione della Nuova Sardegna insieme a una nota introduttiva, nella quale si chiede l'aiuto di “ogni classe di cittadini, allo scopo di costruire una società forte e numerosa”.

L'iniziativa parte dall'alto, ma le porte sono aperte a tutti, dunque. Dopo diverse riunioni nel magazzino di vicolo Bertolinis, il comitato è pronto a proporsi alla cittadinanza. Si decide di dividere gli associati in due categorie: della prima faranno parte i soci attivi e i figli dei soci, i quali hanno diritto all'educazione fisica e devono versare ogni mese una quota rispettivamente di una lira e 50 centesimi; nel secondo gruppo sono compresi i soci contribuenti maggiori di 21 anni, che dovranno versare una quota di ammissione di lire 1,50 e un'altra mensile di 1,50, obbligatoria per un anno: questi ultimi “amministrano la società, godono dei vantaggi di essa e s'impegnano a pagare le quote dei loro figli”.

Il progetto impiega assai poco per prendere quota. Nel giro di poche settimane tantissime persone hanno compilato e consegnato le schede di adesione: ai primi di maggio i soci contribuenti sono 121, quelli attivi ben 265. La macchina va governata e i tempi sono maturi per le prime elezioni, che si svolgono al Teatro Civico: il professor Pasquale Ghera viene eletto presidente, l'avvocato Italo Faccion assume la carica di vicepresidente; del direttivo fanno parte anche i signori Masala, Andry, Moro, Aroca, Berlinguer, Stara, Boninsegni, Delogu e Defraia.

Viene anche approvato lo statuto, che si compone di 34 articoli, due dei quali sono particolarmente significativi: il 2 (“La società si manterrà estranea a qualsiasi manifestazione politica e religiosa”) e 21 (“Il consiglio dichiara dimissionari coloro tra i suoi membri che regolarmente avvisati non intervengono per tre volte di seguito alle sue sedute”). Due norme che vengono immediatamente applicate: alla Torres vengono infatti ammessi giovani di qualsiasi ceto sociale, colorazione politica e fede religiosa; e il consiglio direttivo, nel solo primo anno di vita, si riunirà ben 150 volte per un totale di 400 ore di lavoro.

Il direttivo prende contatti con l'amministrazione cittadina e riesce a ottenere la disponibilità della palestra comunale, a San Biagio, nei pressi di porta Sant'Antonio: per tutta l'estate, a partite dalla fine dell'anno scolastico, i torresini possono sudare e lavorare in quei locali angusti. Vengono utilizzati, all'occorrenza, anche due magazzini in via Torre Tonda. L'inizio degli allenamenti viene fissato per il primo luglio.

Le successive riunioni vedono la partecipazione di centinaia di nuovi soci e per poter ospitare tutti l'industriale Ardisson mette a disposizione il piazzale del proprio stabilimento. Prende vita la fanfara sociale, e vengono create le prime sezioni sportive: ginnastica, ciclismo, scherma, podismo, atletica leggera e canottaggio, con sede a Porto Torres. Alcuni soci giocano a calcio, ma per ora sono la minoranza e l'assenza di uno spazio adeguato frena per il momento la nascita di una sezione dedicata al foot-ball.

Arriva finalmente il momento di dare un nome alla società per l'educazione fisica appena creata: l'8 luglio 1903 la fanfara e centinaia di soci attendono trepidanti la fine della riunione del consiglio direttivo: l'annuncio del presidente Ghera viene accolto da squilli di trombe. La società avrebbe preso “meta del suo divenire nel nome di Torres, libera capitale del Giudicato durante la gloriosa storia della Sardegna a cui appartenne Sassari per giurisdizione. Sassari che, di Torres gloriosa, fu figlia ed erede degnissima”.

Vengono scelti anche i colori sociali, il rosso e il blu, sulla base di un particolare sondaggio fatto tra i soci: per alcuni giorni, nel negozio Ferrucci, al Corso, vennero esposti tre modelli delle divise sociali di gala. La scelta dei torresini cade senza esitazione su quella con “calzoni bianchi, giacca bleu con risvolti rossi, fascia rossa e maglia nera”. Sulla maglia viene ricamato il simbolo della Torres, con un perfetto incrocio tra l'acronimo Sef e la T di Torres. Il simbolo di rappresentanza è una torre coronata da un alloro e sormontata da un'aquila.

Non mancano i contrasti e le incomprensioni tra coloro che stanno tessendo le fila dell'ambiziosa società. Il presidente Ghera rassegna le proprie dimissioni e viene immediatamente sostituito da Italo Faccion. La società ritrova, insieme alla serenità interna, anche una nuova spinta. I ginnasti continuano ad allenarsi senza sosta e tantissimi sassaresi iniziano ad avvicinarsi con curiosità e interesse a questa nuova entità, di origine aristocratica ma allo stesso tempo così aperta verso qualsiasi ceto sociale.

La prima uscita ufficiale, dopo quasi tre mesi di durissimi allenamenti, è fissata per il 20 settembre al teatro Politeama. Una folla estasiata applaude a lungo le esibizioni dei ginnasti e le acrobazie sui pedali dei ciclisti torresini. La fanfara suona per la prima volta in pubblico l'inno sociale rossoblù, scritto dal poeta dialettale Barore Scanu e musicato da Mario Aroca.

Tra Sassari e la Torres è colpo di fulmine. L'avventura iniziata cinque mesi prima nella penombra di vicolo Bertolinis è già storia.

 

Con il nome di Torres in core
lieto un canto per l'aere eleviamo
Alla vita, alla forza, all'amore
alla diva bellezza cantiamo


E dica quel canto, fratelli correte
in fervido voto, le mani stringete
E uniti fidenti, in giovane schiera
al vento spieghiamo la vostra bandiera

E sfolgori in essa di Torres l'emblema

di Torres antica, nutrice d'eroi
di forza, di vita, segnacol per noi
d'ambita sudata vittoria.

Di vittoria! Di vittoria!
E uniti fidenti in giovane schiera
al vento spieghiamo la nostra bandiera

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